È stata una preziosa occasione, il 18 gennaio, l’incontro con lo scrittore Fabio Geda per i ragazzi delle classi seconde della scuola secondaria.

Il dialogo, che si è svolto su Teams, ha visto tantissime domande dei ragazzi sul libro letto nei mesi scorsi insieme ai professori di lettere, Nel mare ci sono i coccodrilli, ma anche sul mestiere dello scrittore e sulle sue passioni.

Geda, introdotto dal professor Doninelli, si è presentato parlando della sua passione per la scrittura, nata alle elementari (il primo spunto glielo diede la lettura del Giornalino di Gian Burrasca) e poi diventata mestiere. «Non si decide di diventare scrittore, accade: io avevo deciso alle superiori che mi interessava “giocare con le parole”, in tutte le forme: libri, musica, teatro, cinema. Ero molto curioso, facevo tante attività: non avevo voti alti, in prima liceo sono stato anche bocciato, ma amavo la scuola e soprattutto alcune materie. Poi per lavoro mi sono occupato per dodici anni di disagio giovanile, ma non ho mai smesso di scrivere per me. Finché nel 2006 scrissi il mio primo romanzo: Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani».

Il libro

Nel mare ci sono i coccodrilli è stato tradotto in trenta paesi, anche in Turchia: «Non so – ha spiegato lo scrittore – se può toccare il cuore di chi in certi paesi maltratta disperati in fuga dai propri paesi, ma questo libro ha già cambiato la vita a molti, che non conoscevano queste storie». Sul titolo del libro letto nelle nostre classi, ci sono varie possibili interpretazioni: «A me ha emozionato il passaggio in cui cade in mare l’amico che credeva che ci fossero i coccodrilli. Da piccoli si ha paura di cose che non esistono, come il buio o i mostri, mentre non si ha percezione dei pericoli reali come andare in bicicletta in mezzo alle auto. In questo libro nessuno mette in guardia i piccoli dai veri pericoli: il dramma è l’assenza degli adulti».

I ragazzi hanno apprezzato molto i passaggi in cui il racconto si ferma per dare spazio a dialoghi tra il protagonista e lo scrittore. «Sapevo che avrebbero funzionato: sono momenti di verità e di giudizio; facevo ragionare Enaiat su certe situazioni, lo aiutavo a essere più consapevole della sua storia come quando lavoravo come educatore con adolescenti senza famiglia. Ho fatto l’educatore con Enaiat». Quanto ad alcuni passaggi dolorosi o forti, «è una storia vera, non si potevano non raccontare certi fatti. È giusto che vi abbiano turbato: la vita è anche questo».

Enaiat

«La storia di Enaiat è straordinaria, ma ne ho conosciute altre più dolorose e incredibili. Quello che mi ha colpito di più è il suo carattere: determinato, calmo e positivo nonostante tutto quello che ha vissuto. Non l’ho mai visto piangere: ha indossato una specie di corazza che non si è ancora tolto del tutto, ma ha fatto i conti con i propri fantasmi. Quel modo di portarci dentro l’inferno che ha vissuto e di non perdere mai la speranza mi ha commosso immensamente e mi ha convinto a scrivere la sua storia. Quanto a lui, credo che l’abbia voluta raccontare per alleggerirsi di un peso, da dividere con altri, e perché sperava che la sua esperienza servisse ad altri ragazzi come lui».

Di Enaiat, Geda ha raccontato la vita dopo l’uscita del libro: le telefonate con la madre, che non ha mai più rivisto prima della sua morte, il ritorno in Afghanistan, l’incontro con Fazila, una ragazza della sua etnia hazara che ha sposato e portato in Italia. Alcune di queste vicende si trovano nel seguito, Storia di un figlio.

Le passioni e il mestiere di scrittore

«Non penso ai generi, sia come lettore che come scrittore» ha spiegato l’autore. «Amo raccontare storie ambientate in certi luoghi, come la provincia americana o il Giappone. Amo la mia vita, ma scrivere mi permette di vivere tante vite meravigliose. Ma scrivo solo di quello che conosco o vorrei conoscere meglio: non potrei scrivere la storia di un chirurgo. Dal momento che mi sono occupato di ragazzi e adolescenti, scrivo spesso della bellezza del crescere, della difficoltà di capire chi si è. Inoltre sono attratto da un libro non solo per il suo contenuto o per il suo genere, ma per come è scritto: leggere è anche un’esperienza estetica, non è solo un racconto di fatti».

Se tra gli autori preferiti Geda ha citato Stephen King, Beppe Fenoglio e Emmanuel Carrère, nella letteratura contemporanea per ragazzi ha esaltato la saga di Harry Potter e The Giver: «Sono tante le opere che possono far innamorare della lettura: leggere è una questione d’amore».

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